Che t'amo,
di svago giocondo,
parvenza di luce,
nell'attimo sogno
le labbra tue asparse
di continuo ardimento.
Le mani sull'altro
che teme l'addio
l'odore di carne
appeso alle vene
farfalla bianchissima
che il tempo ci tiene.
Giocando negli occhi
tra la clivia perenne
il mio pube ristette
nel tuo ventre disteso
dai profumi del vento.
Giovani d'infinito,
senza nome che stringe
alle sveltine di casato,
andavamo nel dipinto
Apollo sorriso.
Il tuo giorno,
la mia notte insonne,
rimettiamo in ordine
questa stanza folle
di sorrisi e mistero.
GIUGNO
1996
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