E
poi c’è nel viso il tempo che deve,
ascoltando
l’amato in clessidra di pianto,
risalire
nell’occhio e buttarsi nel vento.
L’immenso
Castagno dei Cento Cavalli
superò
e vide avanti qual nuvola rena,
sospesa
nei caldi tramonti del Passo,
disuguagliare
nei venti il boato dei sorsi
che
dal Mongibello suo apice perso
parlava
al vapore di un sogno inumano e complesso.
La
fila degli uomini incurvata sul Bove,
tra
Musarra e Capra e le invitte Dagale,
se
ne andò verso il Salto della Giumenta
che
tremante riposa come sanguine nuova.
Non
uomo si perse in cotanto respiro,
nel
Fiore ancestrale che poneva desio.
Vedi
la Luna tra pareti e son balzi
per
il gelo dei morti che fuman dai piedi
ma
come i Dicchi altri son seri e spingono
avanti
le schiene al passo dei tempi.
Encelado
all’istmo di lava accecava i passanti
e
intorno al suo collo nel filo del perfido Crono
imbucava
le teste come fossero palle di Urano.
Alto
come Sole eburneo soglio scrocchio
aperse
iaculo e sangue nel terrore colmo.
In
quell’ozio il Tiranno si mise nel
timbrare
tre fogli e porse i suoi
ugual
anni insieme ai centesimi
e
i lacci delle scarpe.
Decorrenza
dei termini.
Ma
giudicate voi se questi
sono
i sogni di un’innocente.
Cecilia
dolorosa e presa per l’onore
sospirò
in quell’attimo appena,
ma
dallo specchio l’occhio dello
strangolatore
rimirò se stesso.
Colpevole,tacendo
passiamo oltre
a
quel sogno che ora torna in carne.
A
Muntagna ritenta adunanza
ma
uno solo è che avanza
sulla
schiena dell’Asino.
Per
alzo d’ombra e accesso remoto
l’autore
qui si volge e domanda:
Chi
era costui ?
L’anima
trapassa ai rinfreschi di luce
sul
deserto di fuoco in papilli di stelle
e
tanto perdea pelle nella brace
tanto
più il fulcro comprende.
OTTOBRE 2004
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