Quel
tempo di giovine senso
che
andava in coraggio
sui
ponenti di Scilla
e
più in alto nei sorsi e gli altari
d'Isonzo
e Vesuvio
pareggiando
i cromi
di
nebbie e costoni.
Ora
cammini nel boato
di
un ingorgo estivo
in
ale di passaggio
di
bel canto,vino
e
asfalto bestemmiato.
Tu
sei pazzo e Dio lo sa,
con
quel sacco a pelo
arrotolato
sulle spalle,
il
cappello di paglia
e
i sandali che hanno visto fango,
luce
e pianto.
E
non vai da nessuno,
donne
e paesi passano
come
il ciglio della strada
su
cui le stoppie ondeggiano
insaziabili
e vane.
Calli,
e
ridere dei pedoni semplici.
Ah
le fontane
sono
parenti a cui raccontare
i
sogni nei campi di grano
o
traversate nell'Umbria autunnale.
Vagabondo,
che
avevi sanità del ricordo
e
un tic da signore:vai!
E
sospetti che nel pandemonio
di
clacson e sudore
muoia
cosi bella armonia.
SETTEMBRE
1997
Nessun commento:
Posta un commento