mercoledì 31 luglio 2013

PIETRAIE ROMANE

Uomini in Indie.
Uomini che viaggiano,
nelle spese delle mogli,
insaziabili di cose inutili.
Il Vapore sbuffa tra i cipressi e la luce s'apre
al piccolo colle dei perdigiorno.
Una possibilità alza la polvere,
il vento riporta l'ordine
e una signorina che arriva
nell'arido desio di maggio.
Donne che vanno in amori
in cui non c'e più posto
e neanche un uomo da riportare
alla sua specie.
La superbia di una macchina
senza benzina e la sbornia
passata sul cofano,
dopo avere aspirato
la mancanza d'animo,
mi portarono sulla pietra
che va a Roma.

Appia di luna che doglia e conduce
all'inchino del vermiglio Apice.
Grazia d'alba ignuda comincia
a correre nel passamano di statue
smerdate dal tempo.
E sempre più vicino sento musica
che s'alza dalle tombe di ingottati
pendolari settecenteschi.
Corri appresso a una virtù e
la notte ricomincia,
sempre più fredda,
ad annoiarti con le sue
prossime libertà di mercato.
Eccolo Dio,è questo,
no,no,è il mio.
Tutto vostro,
tutto alloro,
l’emozione di un decoro militare
o pane trucco della fame singolare.
Leguminose e tralicci.
Proletari inlavabili sopra il battesimo
e sotto le grucce dei Papi raccolgono
la cicoria  tra i miti del naufrago Enea.

Un Discobolo gira in eterno col sospiro
che brucia l’altro gravito tempo Nato dal Gladio,
qual lieto Annibale portava destino
a quel mucchio di Tripoli non lontano
dal Colon che ora regna sovrano.
Ostia,il mare s'aggiusta,
un mese di spiaggia
compreso un cappello di paglia
e un'ombrellone di garza in muraglia.
E infine il Colosso
che s'erge e rincresce
nel diavolo fosso
aspettando una tigre
che finalmente incrociasse
lo sguardo di Cesare.

La donna si fermò accanto alla macchina,
poi fece un balzo sopra il cofano
su cui ero quasi sveglio e iniziò  a farmi
rotolare declamando Goethe perchè più avanti
oltre il sipario c’era una citta da visitare.
Spingi,schiavo,e non dirmi niente.



AGOSTO 2009

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