Uomini
in Indie.
Uomini
che viaggiano,
nelle
spese delle mogli,
insaziabili
di cose inutili.
Il
Vapore sbuffa tra i cipressi e la luce s'apre
al
piccolo colle dei perdigiorno.
Una
possibilità alza la polvere,
il
vento riporta l'ordine
e
una signorina che arriva
nell'arido
desio di maggio.
Donne
che vanno in amori
in
cui non c'e più posto
e
neanche un uomo da riportare
alla
sua specie.
La
superbia di una macchina
senza
benzina e la sbornia
passata
sul cofano,
dopo
avere aspirato
la
mancanza d'animo,
mi
portarono sulla pietra
che
va a Roma.
Appia
di luna che doglia e conduce
all'inchino
del vermiglio Apice.
Grazia
d'alba ignuda comincia
a
correre nel passamano di statue
smerdate
dal tempo.
E
sempre più vicino sento musica
che
s'alza dalle tombe di ingottati
pendolari
settecenteschi.
Corri
appresso a una virtù e
la
notte ricomincia,
sempre
più fredda,
ad
annoiarti con le sue
prossime
libertà di mercato.
Eccolo
Dio,è questo,
no,no,è
il mio.
Tutto
vostro,
tutto
alloro,
l’emozione
di un decoro militare
o
pane trucco della fame singolare.
Leguminose
e tralicci.
Proletari
inlavabili sopra il battesimo
e
sotto le grucce dei Papi raccolgono
la
cicoria tra i miti del naufrago Enea.
Un Discobolo gira in eterno col sospiro
che brucia l’altro gravito tempo Nato dal
Gladio,
qual lieto Annibale portava destino
a quel mucchio di Tripoli non lontano
dal Colon che ora regna sovrano.
Ostia,il mare s'aggiusta,
un mese di spiaggia
compreso un cappello di paglia
e un'ombrellone di garza in muraglia.
E infine il Colosso
che s'erge e rincresce
nel diavolo fosso
aspettando una tigre
che finalmente incrociasse
lo sguardo di Cesare.
La donna si fermò accanto alla macchina,
poi fece un balzo sopra il cofano
su cui ero quasi sveglio e iniziò a farmi
rotolare declamando Goethe perchè più avanti
oltre il sipario c’era una citta da visitare.
Spingi,schiavo,e non dirmi niente.
AGOSTO
2009
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